I Macchiaioli. Le collezioni svelate
La mostra I Macchiaioli - Le collezioni svelate apre al Chiostro del Bramante di Roma dal 16 marzo e ha il pregio di presentare al pubblico per la prima volta importanti dipinti dei Macchiaioli e non solo, collocandoli nel contesto delle antiche collezioni che in origine li ospitarono.
Le opere che appartenevano a grandi collezioni del passato - come quella di Cristiano Banti, Diego Martelli, Rinaldo Carnielo, Edoardo Bruno, Gustavo Sforni, Mario Galli, Enrico Checcucci, Camillo Giussani, Mario Borgiotti - oggi sono confluite per lo più in collezioni private e rappresentano un nucleo inedito del più importante movimento pittorico italiano del XIX Secolo.
In mostra oltre 110 opere che rappresentano la punta di diamante di ricchissime raccolte di grandi mecenati dell’epoca, personaggi di straordinario interesse, accomunati dalla passione per la pittura, imprenditori e uomini d’affari innamorati della bellezza, senza i quali oggi non avremmo potuto ammirare questi capolavori.
Talvolta donate dagli autori stessi e più spesso acquistate per sostenere gli amici pittori in difficili momenti, queste opere - in grado di assecondare il piacere estetico e arricchire le più grandi quadrerie - sono diventate capolavori ricercati anche dai grandi intenditori d’arte dei nostri giorni.
In un percorso di 9 sezioni - ciascuna intitolata alla collezione di provenienza - il visitatore ha la possibilità di scoprire i Macchiaioli, il movimento pittorico più importante dell’Ottocento italiano e il clima storico che fa da sfondo alla vicenda di questi artisti, oltre ai temi, ai contenuti e ai personaggi di questo rivoluzionario movimento: si potranno ammirare opere quali Il Ponte Vecchio a Firenze (1879) di Telemaco Signorini - fortunosamente recuperato da Borgiotti sul mercato inglese: un capolavoro non più visto da decenni -, Il giubbetto rosso (1895 ca.) di Federico Zandomeneghi, Marcatura dei cavalli in Maremma (1887) e Ciociara (Ritratto di Amalia Nollemberg) di Giovanni Fattori, Place de la Concorde e Campo di neve di Giuseppe De Nittis, accanto al Ritratto della figlia Alaide (1875 circa) di Cristiano Banti, Cucitrici di camicie rosse (1863) di Odoardo Borrani, Sforni in veranda che legge (1913) e il Ritratto della moglie Isa (1902) di Oscar Ghiglia.
In mostra dunque anche opere a cavallo tra Ottocento e Novecento che raccontano come le conquiste formali e concettuali dei Macchiaioli furono recepite e sviluppate dalle successive generazioni di pittori.
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movimento pittorico dei Macchiaioli
Il movimento pittorico dei Macchiaioli è attivo tra l’Ottocento e il Novecento.
Il termine venne coniato nel 1862 da un recensore della «Gazzetta del Popolo» che così definì quei pittori che intorno al 1855 avevano dato origine ad un rinnovamento anti-accademico della pittura italiana in senso verista.
Questo movimento vorrebbe rinnovare la cultura pittorica nazionale.
La poetica macchiaiola è verista opponendosi al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico, e sostiene che l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore e di chiaroscuro, ottenuti tramite una tecnica chiamata dello specchio nero, utilizzando uno specchio annerito con il fumo permettendo di esaltare i contrasti chiaroscurali all’interno del dipinto.
L’arte di questi pittori consisteva ’nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri’.
I principali esponenti di questa corrente pittorica furono:
Telemaco Signorini
Raffaello Sernesi
Giuseppe Abbati
Odoardo Borrani
Adriano Cecioni
Giovanni Fattori
Silvestro Lega
Vincenzo Cabianca
Cristiano Banti
Vito D\'Ancona
Nino Costa
Ferdinando Buonamici
Niccolò Cannicci
Il nome fu utilizzato da un giornalista per la prima volta nel 1862 in occasione di un\'esposizione fiorentina. In realtà l\'espressione fu coniata dal giornalista in senso piuttosto denigratorio, ma i pittori oggetto della definizione decisero da allora in poi di adottare tale termine come identificativo del loro gruppo.
Il contenuto paesaggistico tipico del movimento dei Macchiaioli viene più volte ripreso per coerenza dell’opposizione verso gli ideali del Purismo, tra cui il sublime teorizzato da Edmund Burke, un sublime simbolico e non percepito nella realtà dei partigiani. Il sublime dell’arte italiana invece è molto simile a quello della Vastitas, apprezzato nei paesaggi a campo aperto dagli stessi partigiani, tra cui Giovanni Fattori.
Il nome fa riferimento al fatto che questi pittori eliminavano totalmente la linea ed il punto geometrico, in quanto non esistenti nella realtà, usando vere e proprie macchie di colore.
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LA MOSTRA
La mostra I Macchiaioli consente al pubblico di
esplorare un vasto mondo attraverso il gusto di grandi
appassionati d’arte dell’Ottocento. Le sezioni -
intitolate ai nomi degli originari collezionisti -
ospitano questo vasto corpus di opere, oggi acquisito da
collezioni private.
Sezione I - La “galleria privata” di Cristiano Banti. I
Macchiaioli allo specchio
Il ricco Cristiano Banti (Santa Croce sull’Arno, 1824 -
Montemurlo, 1904) è un pittore che spesso svolse opera
di mecenate a favore dei propri compagni macchiaioli,
raccogliendo opere dei suoi amici artisti in difficoltà.
Il pittore e scultore Adriano Cecioni (Fontebuona, 1836
- Firenze, 1886) dà le prime rivelazioni sull'esistenza
della Collezione di Cristiano Banti, scrivendo che
“quella Galleria è unica nel suo genere, perché da
alcuni lavori di scuola accademica si passa ai primi
tentativi della macchia…". In mostra al Chiostro del
Bramante Le monachine (1861) di Vincenzo Cabianca, La
raccolta del fieno in Maremma (1867-1870) di Giovanni
Fattori, I promessi sposi di Silvestro Lega (1869),
Ritratto del Marchese Capranica del Grillo (1869) e
Ritratto della Marchesa Vettori (1865) di Giovanni
Boldini e, non da ultima, Ritratto della figlia Alaide
(1875) dello stesso Cristiano Banti, tutte opere
provenienti dalla sua raccolta che è andata in parte ad
arricchire la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti.
Sezione II - Diego Martelli, tra macchiaioli e
impressionisti. Una testimonianza d’arte e di vita
Critico, fiancheggiatore e mecenate dei pittori
Macchiaioli - alcuni dei quali furono ospitati negli
anni ‘60 dell’Ottocento nella sua tenuta di
Castiglioncello -, Diego Martelli (Firenze, 1839 - 1896)
radunò presso di se molte opere dei compagni artisti.
Forte e viva, seppur ancora ristretta a una dimensione
privata, era già l’idea della “collezione” intesa come
verifica dei propri convincimenti estetici, tanto che
solo verso gli anni del suo tramonto Martelli decise di
rendere pubblica la sua quadreria che andò a costituire
il nucleo di partenza della Galleria d’arte moderna di
Palazzo Pitti. Pezzi unici della collezione che
arricchiscono il percorso espositivo sono La Senna
(1876-1877) di Alphonse Maureau e Ritratto di Teresa
Fabbrini Martelli (1865-1866) di Giuseppe Abbati.
Sezione III – La Collezione di Rinaldo Carnielo
Questa sezione racconta la storia di Rinaldo Carnielo (Biadene,
1853 - Firenze, 1910), pittore, scultore e collezionista
di origine trevigiana che frequentò gli anziani
Macchiaioli, legandosi in amicizia a Fattori e a Lega.
La sua collezione, una delle più ricche per quantità di
opere - circa trecento -, fu dispersa a cavallo tra le
due guerre ma oggi è di nuovo possibile ammirarne
capolavori come Cavalleggeri in vedetta (1875 circa) di
Fattori, Casa sul botro (1864) e L’ora del riposo di
Abbati e La visita in villa (1864) e il Ritratto di
Carnielo (1878) di Silvestro Lega.
Sezione IV – Un imprenditore innamorato della bellezza:
la collezione di Edoardo Bruno
La quarta sezione è dedicata all’imprenditore torinese
Edoardo Bruno che fece del primo piano della sua dimora
rinascimentale alle porte di Firenze il forziere in cui
custodire il suo tesoro: una quadreria composta da
centoquaranta dipinti, tra i quali il noto Cucitrici di
camicie rosse (1863) di Odoardo Borrani - vera e propria
icona della pittura macchiaiola – Le gramignaie al fiume
(1896) di Niccolò Cannicci e Uliveta a Settignano (1885
circa) di Telemaco Signorini rimasto sino a oggi
inedito.
Il punto di forza della collezione erano, tuttavia, i
grandi quadri di Fattori come L’appello dopo la carica
(1895), Incontro fatale (1900) e Marcatura dei cavalli
in Maremma (1887), opere accomunate da un forte
dinamismo.
Sezione V - Casa Sforni, le stanze delle meraviglie di
un mecenate fiorentino
Gustavo Sforni (Firenze, 1888 - Bologna, 1939),
collezionista, intellettuale, pittore e mecenate, fu un
cultore dell’opera di Giovanni Fattori di cui amò
collezionare i piccoli formati, struggenti tavolette
dipinte dal vero che amava accostare ai dipinti di arte
orientale (in mostra un prezioso kakemono del pittore
giapponese Maruyama Ōkyo del 1780 circa) e medievale e
alle opere di artisti a lui contemporanei come Oscar
Ghiglia, Llewelyn Lloyd e Mario Puccini. Per la prima
volta, dunque, entreremo in casa Sforni per ammirare
opere mai viste di Fattori (Le vedette del 1865 circa
del Cavallo sotto il pergolato del 1870 circa e Ritratto
di donna - La rossa del 1870-1880), di Oscar Ghiglia
Ritratto della moglie, datato 1902 e Bambina con fiocco
rosso del1912 circa), di Llewelyn Lloyd (Paesaggio rosa
con figura del 1916), di Mario Puccini (Contadina del
1916 ca.) e rivivere le emozioni estetiche di questo
raffinato cultore d’arte.
Sezione VI - Mario Galli, “il più acuto e raffinato
intenditore dei Macchiaioli”
Mario Galli, scultore fiorentino, non aveva certamente i
mezzi di un forte imprenditore, eppure tra le sue mani
sono passati i più importanti capolavori macchiaioli che
egli religiosamente raccoglieva esponendosi
economicamente oltre misura per essere poi costretto a
cederli a importanti collezionisti, come Giacomo Jucker:
dalla splendida e solare Casa e marina a Castiglioncello
(1862) di Borrani, a La filatrice (1861) di Cabianca,
alla bellissima e mai esposta in precedenza Ciociara -
Ritratto di Amalia Nollemberg (1882) di Fattori, sono
solo alcune opere che rappresentano in mostra la
collezione Galli.
Sezione VII – Enrico Checcucci
Della prestigiosa raccolta di capolavori macchiaioli
toscani di Enrico Checcucci in mostra è presente una
sezione che, oltre a ospitare grandi personalità come
Fattori e Boldini, è dedicata a capolavori come Pasture
in montagna (1861) di Raffaello Sernesi e Signora in
giardino (1861) di Vito D’Ancona.
Sezione VIII - Non solo Macchiaioli, la collezione di
Camillo Giussani
Sono gli accostamenti con l’arte dell’impressionista
italiano Federico Zandomeneghi (Place du tertre del
1880, Il giubbetto rosso del 1895), con De Nittis (Place
de la Concorde del 1875-76) con il belga Emile Claus
(Maison en briques,1899 e con Alberto Pasini
(Accampamento in Persia del 1855) - le cui opere sono
esposte al Chiostro, unitamente ai capolavori di Sernesi,
(Marina a Castiglioncello del 1864), di Borrani
(Analfabeta del 1869) e di Signorini (Piazzetta a
Settignano del 1881-82, Sulla terrazza a Riomaggiore del
1894) - a caratterizzare la collezione milanese di
Camillo Giussani, personalità poliedrica di giurista,
intellettuale e latinista che ha legato il suo nome alla
ricostruzione post-bellica di Milano, quale consigliere
comunale della sua città.
Sezione IX – Per ricordare Mario Borgiotti e il suo
“genio” per i Macchiaioli
Infine, incontriamo l’occhio conoscitore e l’anima di
collezionista di Mario Borgiotti (Livorno, 1906 -
Firenze, 1977), che unì alla passione e all’intuito di
Mario Galli la competenza del grande divulgatore: a lui
si devono fondamentali pubblicazioni dedicate ai
Macchiaioli edite nel corso degli anni cinquanta e
sessanta del Novecento. Seppur successivo non poteva
mancare in questo itinerario dedicato ai Macchiaioli e
alle collezioni storiche la sua pioneristica figura,
attraverso l’opera più eclatante cui Borgiotti ha legato
il suo nome, Il Ponte Vecchio a Firenze (1879) di
Telemaco Signorini da lui recuperato fortunosamente sul
mercato inglese: un capolavoro non più visto da decenni
che avremo il privilegio di ammirare al Chiostro del
Bramante.
Fonte:
http://chiostrodelbramante.it/info/i_macchiaioli_le_collezioni_svelate
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